mercoledì 12 dicembre 2007

IL RIS DI PARMA SI DIFENDE

Da quando il Dna permise di incastrare Donato Bilancia, si e' diffusa la convinzione che basti chiamare i Ris per risolvere tutto.
Nel comando di Parma non c'e' solo da sbrogliare il giallo di Garlasco, ma reperti dell'intero Nord, oltre 5 mila casi, tra cui molti reati minori.
Non hanno un aiuto vero e proprio da parte della magistratura, questori, esperti. Non riescono nemmeno a colloquiare tra loro.

A Erba la perizia del Ris e' arrivata alla vigilia del processo, quasi dimenticata dalla procura che l'aveva disposta. E gli esiti paiono molto piu' utili alla difesa dei coniugi Romano che non all'accusa.
A coordinare le inchieste dovrebbero pensare i pm: il nuovo codice, ha affidato da 17 anni al pm la responsabilita' di tutta l'indagine, ma a quanto pare non sono all'altezza.
I pm sono educati come giudici, sanno valutare le prove piu' che trovarle.

Ma cosa valutano se fino ad ora le prove non le hanno trovate ?
Ha ragione il padre di Chiara Poggi: finche' non c'e' un colpevole, per me sono tutti colpevoli !

16 commenti:

  1. che poi uno guarda CSI e pensa: ma se il nostro RIS non ci sa neanche dire, dopo tre mesi, se sto caz di computer di Alberto era acceso no, utilizzato o meno. Stessa cosa per l'omicidio Meredith.

    Mah. Sui giudici non commento. Visti i casi Scattone e Ferraro meglio che stia zitto. Senno' capace mi accusino di qualcosa e mi mettano in galera anche me. Cosi'. tanto per fare.

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  2. Bisognerebbe riformare un pò tutto in Italia. Con questi politici la vedo molto dura...

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  3. Ci vorrebbe un pò di Ris + un pò di "Tenente Colombo" e forse i casi si risolverebbero.

    Ciao

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  4. Ciao Giovanna, volevo solo lasciarti un saluto dal momento che a causa di un momento particolare, che mi vede abbastanza impegnato, non ho avuto occasione di commentare sul tuo interessantissimo blog; ma l'argomento di discussione che proponi ha "stuzzicato" il mio interesse professionale per la materia trattata, e vorrei, quindi provare a dare un contributo che chiarisca le possibilità ed i limiti dell'indagine investigativa scientifica.
    Le nuove metodologie d’indagine tecnico-scientifica applicate alle scienze forensi, per quanto avanzate, sembra non riescano a fare chiarezza su tanti efferati crimini a cui, nonostante la scientificità dei mezzi messi in campo, non si riesce a dare una plausibile e realistica soluzione.
    Le moderne tecnologie, chiaramente visibili nelle varie serie televisive tipo CSI & C., sono effettivamente esistenti: il sequenziatore per la ricerca del DNA (acido desossiribonucleico), il microscopio ad assorbimento atomico, le varie microsonde analitiche, il microscopio comparatore ( usato soprattutto nelle indagini balistiche), gli scanner a tempo di volo (per la ricostruzione in 3D della scena del crimine) e così continuando, hanno creato delle aspettative che hanno affascinato il pubblico e la pubblica opinione,
    ma non sono la panacea universale per arrivare all’individuazione del colpevole, ovverosia il fine ultimo dell’indagine criminalistica.
    Il dato bruto, tirato fuori da una complessa macchina da laboratorio, non è utile da solo a risolvere il problema.
    La scena del crimine e la più verace testimone dell’episodio criminale su cui si concentrano le attività investigative, sebbene “muta” essa “ha visto tutto” e in lei esistono le tracce rilasciate dall’assassino quando si è avvicinato alla vittima, quando l’ha uccisa, e quando si è allontanato lungo la via di fuga al termine dell’iter criminis.
    L’esperto analista della scena del crimine (Crime Scene Analisys) è colui che le dà “voce”, e che è in grado di discriminare gli elementi obiettivi di giudizio, realmente riconducibili al rapporto “intimo” tra vittima e carnefice, da tutte le tracce fuorvianti anch’esse presenti sul teatro dell’accaduto ma affatto pertinenti all’episodio delittuoso considerato; senza contare le altre dovute ad inquinamento specifico o aspecifico che, di fatto, alterano la scena del crimine.
    Tutti gli elementi utili raccolti devono essere collegati e devono combaciare perfettamente tra loro, come le tessere di un mosaico che, una volta completo ed incorniciato, diventa uno strumento di ineguagliabile utilità per la risoluzione del caso, e che deve essere valutato in modo corretto al fine di non pervenire a conclusioni aberranti che porterebbero ad un “verdetto tecnico” in grado d’inficiare la genuinità del quadro probatorio.
    E’ doveroso precisare che come non esiste il delitto perfetto, analogamente, non esiste l’indagine perfetta, ed accettare quindi i limiti delle scienze forensi, che non possono in alcun modo essere travalicati a discapito della verità scientificamente ricercata.
    Bisogna necessariamente convenire che non sempre, anzi direi raramente, è possibile pervenire ad una verità processuale che rispecchi fedelmente quella reale dei fatti, unica ed assoluta.
    E’ giusto ed imprescindibile, inoltre, perseguire il principio giuridico di prassi consolidata secondo cui: in dubbio pro reo, il ché sta a significare che in mancanza di prove incontrovertibili è meglio un colpevole fuori dalle carceri che un innocente dentro.
    A cosa serve, ad esempio, accertare l’esistenza di un’infinitesima parte di DNA ritrovata su un capo di biancheria intima di una donna uccisa, appartenente a un suo fidanzato sospettato di esserne l’assassino (vero o presunto tale), quando non è possibile stabilirne l’esatta collocazione temporale del suo ivi depositarsi? A NULLA!
    Credo sia ora di capire e convincersi che determinati “miracoli”, scaturiti dai laboratori di criminalistica, non possono continuare ad essere considerati tali, e che i risultati degli accertamenti tecnici devono essere necessariamente valutati da chi sa metterli in giusta correlazione con logicità e precisione cronologica in ordine ai fatti delittuosi per cui si procede; non si può continuare ad incidere, indelebilmente, sulla vita di persone verosimilmente innocenti, né attribuire valore di prova a un dato tecnico, o una testimonianza, viziato da un dubbio per condurre in carcere un presunto colpevole.
    Scusandomi per le mie lungaggini, indotte dalle delicatezza dell’argomento trattato, ti saluto caramente.
    Con Stima ed Amicizia...Gianfranco. Guccia.

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  5. basterebbe che OGNUNO facessi il proprio dovere.
    Troppi inquinamenti...

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  6. Quoto in pieno il commento di Gianni aliasi Gianfranco Guccia.

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  7. @gianfranco guccia: esatto e gentile come sempre.
    giusto come tu dici che non sempre si puo' prevenire ad una giusta realta' dei fatti, ma negli ultimi tempi si sta sbagliando spesso, non si riesce a trovare un vero colpevole...non e' che la scena del crimine viene inquinata da loro stessi ?
    se andiamo di questo passo, bisognera' dare un premio a chi ammazza, per l'abilita' che ha di far perdere le proprie tracce..
    un saluto affettuoso
    giovanna

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  8. @demonio: tu con il nome che ti ritrovi, meglio che non commenti, altrimenti i Ris le vere indagini non le sanno fare, ma riescono a scoprire il tuo commento e sono capaci di farti arrestare.

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  9. Giovanna, esatto. Il rischio, per tutti, e' di farsi accusare di qualcosa che non si è commesso....

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  10. Io credo che forse siamo abituati un po' troppo ai telefilm dove i casi si risolvono in pochi giorni se non in poche ore. Nella realtà non è così e non potrebbe essere altrimenti. Ci volgiono mesi per raccogliere "indizi" che messi insieme "forse" faranno delle prove... E poi la scientifica lavora su centinaia di casi... per l'opinione pubblica, ad esempio, il caso di Chiara Poggi è importante ma per il Ris è solo uno dei tanti...
    Paolo

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  11. secondo me il problema è proprio nei serial televisivi che dipingono ispettori & co come veri supereroi... mi ha fatto piacere leggere il commento di g.guccia che ha dato modo a tutti noi di schiarici un po' le idee...

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  12. Sono degli incompetenti
    prendete la fiction è la brutta copia di csi...
    i ris sono ridicoli....
    Giovanna sei carinissima quando lasci i commenti al mio blog....
    bacio

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  13. Ciao Giovanna,
    qualche tempo fa lessi un articolo su uno dei miei blog preferiti (Taglio Basso) nonché gli interessanti commenti a cui contribuì da vero esperto anche Gianfranco Guccia.
    In questo post, con cui mi sentivo di concordare, ci si chiedeva dei motivi del fallimento delle promesse del largo uso della scienza nelle indagini e si auspicava un ritorno ad i metodi di indagine tradizionali (affiancati ora anche dalla scienza) che rimettono al centro l'intelligenza, l'intuizione umana, l'esperienza, la profonda conoscenza di coloro, funzionari della polizia e dell'Arma, hanno dei delinquenti e della loro criminalità. La scienza non può sostituire il genio umano, quelle intuizioni che ti guidano verso la verità, quelle sensazioni che si ti fanno capire subito se ti trovi davanti ad uno capace o incapace di uccidere. L'intuizione può sbagliare ma è anche capace di andare oltre la scienza. E' chiaro che la certezza deve venire da dei fatti obiettivi ed è qua che deve intervenire la scienza.

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  14. Rientro per salutare due commentatori, Anna e Daniele, che come la "padrona di casa" considero veri amici, e ringrazio tutti coloro che hanno apprezzato il mio commento, che ricalca, come ricordato da Arabafenice, quanto da me postato in merito al medesimo argomento proposto da Giovanna sul blog Tagliobasso.
    Vorrei aggiungere, ad ulteriore chiarimento, che quando parlo di "inquinamento specifico o aspecifico" della scena del crimine non mi riferisco certo ad un atto posto in essere coscientemente dagli operatori di P.G. che effettuano i rilievi, bensì ad elementi fuorvianti che "entrano a far parte" dello scenario del delitto in modo casuale.
    Si pensi, ad esempio, a tracce preesistenti di DNA (da sangue o altro umore corporale) "catturate" in altro loco dalla suola delle scarpe di un agente della volante intervenuta sulla scena del crimine e lì rilasciate prima dell'intervento degli specialisti, evento che rischia di "scatenare" una vera caccia ad un "misterioso assassino" in realtà mai passato da quelle parti!
    Non ci si può esimere, inoltre, dal criticare il comportamento di taluni operatori di polizia scientifica (RIS o Criminalpol non fa differenza) che effettuano ripetuti ed innumerevoli accessi sulla scena del crimine, quando è risaputo e propalato da tutti i più seri testi di criminalistica che tale pratica comporta, con quasi certezza, un verosimile "inquinamento specifico" dell'area interessata dal delitto su cui si sta investigando.
    Quanto sopra per chiarire come certi elementi devianti, a cui si dà valenza di prova, sono in realtà frutto di un errato modello comportamentale da parte degli operatori, senza per questo voler mettere in dubbio la buonafede degli stessi.
    Un caro saluto a Tutti Voi da... Gianni.

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  15. anch'io pensavo tristemente a CSI;
    nei telefilm-anche quelli fatti molto bene-e' tutto piu' semplice;
    http://giramundo.splinder.com

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  16. Le indagini del RIS, per quanto preziose, dovrebbero essere considerate un contributo alle vecchie buone indagini tradizionali!

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